ESCLUSIVA Tele Radio Stereo – Mangone: “La Roma ha le caratteristiche per passare il turno. Dovbyk è difficile da marcare”

Amedeo Mangone, ex difensore della Roma e oggi allenatore, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di TeleRadioStereo 92.7 a poche ore dal ritorno dei play-off di Europa League contro il Porto. Ecco le sue parole:

Come arriva questa Roma alla gara contro il Porto? “Vedo una Roma in grande crescita, sembra si sia sistemato un po' tutto. L'arrivo di Ranieri ha compattato l'ambiente, ha ritrovato giocatori forti e ha riproposto giocatori che sembravano quasi non far parte del progetto. Ha recuperato anche quei giocatori che inizialmente sembravano essere stati messi fuori anche da Ranieri stesso, credo che abbia fatto un lavoro psicologico sia nell'ambiente sia nei giocatori. Alcuni li ha rimessi nelle loro posizioni, ha coinvolto tutti e sta facendo risultati importanti. Credo che sarà una partita difficile, il Porto è una buona squadra e anche all'andata è stata una gara a viso aperto che ha evidenziato le caratteristiche delle due squadre. Mi auguro che la Roma possa passare il turno, ha le caratteristiche per farlo. Ho visto che a Oporto la Roma creando grande pressing aveva messo in difficoltà il Porto”.

Quanto cambia interpretare il ruolo di centrale e di braccetto di destra? “Facendo il braccetto hai anche la copertura del difensore centrale quindi cerchi di giocare più d'anticipo, mentre da centrale devi stare molto più attento e temporeggiare un po' di più. I giocatori, comunque, sono adattati a fare ogni ruolo”.

Che giocatore è Ndicka? “Io lo considero molto molto forte, ha una grande fisicità e una grandissima visione di gioco. Ogni tanto quando lo vedo giocare mi sembra Aldair, come calma e attitudine ma anche come pressione all'avversario e gioco con la palla. Concedetemi l'esempio, Aldair però era troppo forte: gli ho visto fare delle cose in allenamento… Aldair era un leader, non aveva bisogno di alzare la voce ma era un esempio per tutti. Per me comunque Ndicka è molto forte, intelligente tatticamente, legge le situazioni prima degli altri e fa benissimo anche il centrale. Giocando da braccetto con il mancino riesce a fare giocate importanti, può migliorare tantissimo ma è un grandissimo spessore”.

Come si fa a tenere Hummels in panchina? “Non lo saprei dire, le dinamiche interne poi non si sanno. Magari non aveva le caratteristiche che Juric chiedeva ai difensori. Sicuramente è arrivato in ritardo e forse ci ha messo un po' di più a mettersi in forma, ma sono giocatori che ogni allenatore mette subito in campo perché la storia parla da sé. Non mi sembrava un giocatore finito per accettare Roma, ha dimostrato di essere un giocatore integro e importante. Lasciarlo fuori per due mesi probabilmente è stato frutto di un qualcosa che non sappiamo”.

Quanto è importante oggi che l'esterno abbia anche qualità difensive, rispetto a vent'anni fa? “I centrocampisti ci davano una grande mano. Con noi Candela spingeva meno perché davanti aveva Delvecchio, mentre Cafu spingeva a tutta fascia: alla fine era quasi una difesa a quattro. Anche quando Candela spingeva, comunque, ci si riusciva ad adattare perché i mediani erano sempre lì davanti e davano una mano alla difesa. Ora devi cercare di creare difficoltà agli avversari, quando allarghi i giocatori con i quinti punti a dare ampiezza. Poi all'interno i giocatori trovano spazi. Nella fase difensiva l'importante è correre, con tre difensori riesci a coprire bene il campo e dai tempo ai centrocampisti di tornare”.

Quanto sarebbe stato complesso, per Mangone, marcare Dovbyk? “Moltissimo, è un giocatore forte fisicamente e bravo tecnicamente. Difende bene la palla e vede anche la porta, i gol li sta facendo. Quando l'attaccante va al contatto fisico i difensori fanno fatica a buttarlo giù. Credo che Dovbyk riesca anche a creare spazi per gli inserimenti degli altri giocatori, fa sponde importanti ed è anche bravo ad attaccare la profondità”.

Come giudica l'involuzione di Pellegrini? “Sicuramente è un leader e il fatto di essere romanista e portare la fascia da capitano gli dia una responsabilità in più, lo identificano come il "responsabile" di tutto quello che succede dentro e fuori dal campo. Ha sempre dimostrato di essere un giocatore che non ha mai fatto polemica, non ha mai avuto atteggiamenti negativi con compagni o tifosi: è sempre stato zitto e si è sempre messo a disposizione. Magari si fa sentire in spogliatoio. Ci possono essere capitani che parlano meno ma si fanno sentire dentro lo spogliatoio. Nella Roma ci sono tanti giocatori caratterialmente forti, come Paredes e Mancini ma anche Hummels. Non portano la fascia, ma si sentono leader e avere tanti leader è un vantaggio”.

Pellegrini, rispetto a Totti, può pagare anche un atteggiamento diverso? “Tecnicamente non si possono fare paragoni, sicuramente Pellegrini la sente più sul personale. Le voci a Roma sono tante, nel momento in cui vieni additato come "responsabile" è più difficile scendere in campo e portare la fascia da capitano. E' difficile paragonare i due, proprio come persone. Totti riusciva a reagire con le qualità tecniche e si faceva scivolare addosso le polemiche, le sue qualità riuscivano a mettere d'accordo tutti”.

Si sente ancora con qualche ragazzo del 2001? “Abbiamo una chat ancora aperta su whatsapp, ogni tanto ci sentiamo. E' sempre un piacere quando ci scriviamo. Nelle chat dei giocatori difficilmente c'è l'allenatore… Dopo tanti anni ci avrebbe fatto piacere che ci fosse anche lo staff, al di là di tutto resta il rispetto come persone. Allora è stato fondamentale il Presidente Sensi, veniva sempre a trovarci e ci dava tranquillità. Avere un Presidente come un padre era decisivo”.

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